Stefano Stoja
Sogni di luce e d’ombra
Dice Luis de Góngora in uno splendido sonetto del 1584 (A un sueño), ripreso e commentato anche da Borges:
Il sogno (autor di rappresentazioni),
nel suo teatro, sul vento costruito,
ombre suole vestir d’aspetto bello.
Il mio modesto invito a coloro che sfogliano questo catalogo, come anche a quelli che visiteranno la mostra Sogni di luce e d’ombra di Aurora Ghielmini, è di concedersi di far propria la terzina di Góngora. Sono, le opere in mostra, a partire da Afrodite stanca nelle sue varie manifestazioni, per passare poi ai Notturni, tutte ombre vestite di bell’aspetto, di fine filigrana colorata, che grazie alla sensibilità d’artista abbandonano per un momento la loro effimera natura di visioni e si fissano – o meglio: fissano un’impressione di se stesse – sulla tela o sul foglio di carta per acquarello, conservando tuttavia intatta la loro immaterialità ed umbratile evanescenza. Perché se è vero che l’artista è il filtro attraverso il quale la Realtà ci si manifesta nella sua più intima essenza, è anche vero che tale filtro funziona perfettamente per il sogno: riesce, tale marchingegno, talvolta in letteratura e in poesia; riesce talvolta anche nell’arte figurativa e plastica. Esso va continuamente oliato, raffinato, accudito; e che Aurora Ghielmini si sia impadronita dei suoi segreti, lo testimonia tutta la sua opera, che passa in retrospettiva davanti a noi nella sala del Torchio di Balerna. Non si farà fatica a ritrovare in essa echi dei vestimenti leggieri dell’Ermione dannunziana, né della stoffa di cui sono fatti i sogni shakespeariani: a qualunque collegamento o evocazione letteraria noi vorremo appoggiarci, i sogni e le visioni di Aurora Ghielmini non faranno torto.
Stefano Stoja, marzo 2019