Maria Rosaria Valentini
Mostra di Aurora Ghielmini
8 settembre 2023
ore 18.00
Cantina di Muzzano
Appunti attorno a una Tavola magica
Aurora Ghielmini ci propone un percorso, lieve e odoroso, dentro stanze che noi non conosciamo, tuttavia questi ambienti non ci risulteranno ignoti.
Si tratta di angoli domestici colmi di calore, dove troviamo, o meglio dire ritroviamo, la grazia di gesti semplici e quel profumo di buono che è legato soprattutto ai nostri ieri, ma non solo.
Profumi che ci stupiscono sempre, nella loro modestia: quando sforniamo una torta, se spiamo un impasto che lievita, se prepariamo un sugo.
Aurora ci racconta la sincerità di un sentiero – olfattivo, visivo, emotivo – che ci colpisce poiché tutti coltiviamo il ricordo di una torta di pane specialissima, di un cono gelato indimenticabile, di una zuppa incomparabile. Così il mondo della nostra infanzia si affaccia, stupefacente. Mille intime finestre si spalancano, intanto l’artista ci guida all’interno di cucine allegre dove a primeggiare è l’attenzione per le piccole cose.
Ogni gesto è dedica o ringraziamento nei confronti della vita che scorre nella magia quotidiana: sorprendente, anche nei suoi cunei di ripetitività.
Ad accoglierci il rumore timido di certe stoviglie, una tovaglia quadrettata fresca di bucato e l’acquolina che ci invade la bocca. Ecco poi il sapore morbido delle marmellate fatte in casa, il pane lavorato a mano, ecco il caffè che sgorga borbottando da una caffettiera e così incornicia una pausa di meditazione e riposo. Una pausa forse breve, ma in grado di regalare ritagli d’ozio. E una domanda antica: il tempo cos’è?
L’orto porta il suo verde e i suoi toni d’arancio e di rosso e di viola su tavole che accolgono zucche (senza cocchio e senza principe), mele danzanti, melograni dai molteplici fertili chicchi.
Le figure femminili si muovono agilmente tra queste pareti: dee della semplicità, della costanza e della forza, della nutrizione e della cura, lattaie non di Vermeeriana memoria, donne di terra e di acqua, di fuoco e di aria.
Madri e figlie.
Figlie e madri.
Figure generose che abbracciano la natura e ne diventano parte, capaci di allargare le braccia e di aggiungere sempre un posto a tavola.
Incontriamo, dunque, un mondo familiare e gioioso, ma non per questo privo di prove da affrontare; un mondo che rimanda al fiabesco. Il titolo della mostra – La tavola magica – ce ne offre conferma.
Nel lavoro di Aurora, però, ho rintracciato anche un accento disneyano e cinematografico. Penso, nello specifico, al bricco e al candeliere che si animano ne La bella e la bestia.
La natura morta è pure protagonista tra queste stanze.
Nel corso di una nostra conversazione, l’artista mi ha parlato di una natura morta da lei intesa come Stillleben, ossia natura silente o silenziosa.
Per me, tuttavia, la sua natura morta non è né morta né silenziosa bensì ricca di guizzi, talora inattesi. Aurora racconta di oggetti e fiori e frutti attraversati da una vivacità garbata che appartiene agli incantesimi discreti di ogni giorno, incantesimi che si manifestano in punta di piedi.
L’insieme delle opere qui presenti è, per certi versi, anche acrobatico, estremamente arioso, animato da una leggerezza quasi tattile che viene sottolineata dall’uso dell’acquerello.
Un lavoro lieve, sì, ma mai superficiale.
Il percorso tracciato ci propone, fra l’altro, l’occasione per riflettere su ciò che mangiamo, su come lo prepariamo e su come lo consumiamo. Il segno dell’artista attribuisce valore ai pasti fatti in casa grazie a gesti lenti e tranquilli; lontano dalle mode e dalle isterie di certi chef che dominano la scena contemporanea un po’ ovunque. La tavola magica di Aurora è pure distante dagli sprechi, dai consumi sconsiderati.
L’artista, tra l’altro, ci rivela un suo tocco da illustratrice – di qua, di là – con un girovagare giocoso e in questo modo le sue stanze si affollano di luce, ci catturano, ci invitano a procedere da un ambiente all’altro.
Lungo questi perimetri non incontreremo riferimenti conclamati a Cézanne, ad Arcimboldo, al canestro di frutta di Caravaggio, né ai girasoli di van Gogh, né a Morandi, né alla tasse en fourrure di Meret Oppenheim, eppure un loro riverbero c’è. Aurora riporta tracce (o più appropriato dire semenze?) di ciò che i maestri appena citati hanno saputo offrirci. Ma l’influenza maggiore – forse inconsapevole da parte della pittrice – e per me marcata, è legata a Pompei.
Lì i dipinti parietali attribuiscono valore simbolico al cibo e nel contempo ci narrano di abitudini quotidiane proposte agli occhi dei fruitori in tutta la loro bellezza.
Su quelle pareti compaiono calici di vino, vassoi, spezie, corbezzoli, perfino focacce (antenate della nostra pizza), ghirlande e mele annurche (a me molto care) e tutti questi elementi sembrano meravigliosamente imparentati con l’opera che qui espone Aurora Ghielmini.
A voi dunque il piacere della scoperta,
per voi ora si schiude la Domus d’Aurora.
Grazie della vostra attenzione.
Maria Rosaria Valentini